Titolo: Anima e sangue. Lo specchio e l'ombra
Autore Varriale Pina
Prezzo € 19,00
Dati 2015, 496 p.
brossura
Editore Imprimatur
(collana Fuoco)
Autore Varriale Pina
Prezzo € 19,00
Dati 2015, 496 p.
brossura
Editore Imprimatur
(collana Fuoco)
_1737, Napoli, gli inizi del regno di Carlo di Borbone. Raffaele, un figlio del popolino dotato di una voce da usignolo, giace prigioniero in una segreta buia, strappato alla sua famiglia e privato della sua virilità: dovrà essere iniziato a diventare uno tra i migliori castrati per essere poi donato a Raimondo di Sangro, principe di Sansevero. Personaggio storico, nobile eclettico e anticonformista, il principe non si fa scrupolo di sbeffeggiare la legge e la religione, creandosi non pochi nemici a corte. Non fosse per Rosella, la fanciulla dai seni in miniatura e dal ventre da bambina, che è diventata la sua amante segreta, Sansevero si sentirebbe solo e incompreso. È grazie a lei, piccola prostituta strappata alle grinfie di un triste destino, che il principe riesce a dare un senso al suo vivere. Ma a un tratto tutto precipita: una serie di strani delitti tra i nobili in vista della città minaccia il precario equilibrio di Raimondo e mina la stabilità del governo. Al polso dei cadaveri viene sempre trovata una corda con tre nodi e attorno ai loro corpi è sparsa una polvere bianca che sembra calcina. Come mai? Starà a un'improvvisata investigatrice, mossa dal desiderio di vendicare la morte del suo amore, districarsi tra le mille voci di questa storia, rintracciare e ricollegare i fili nascosti e trovare il colpevole, ristabilendo così l'ordine.
La recensione di Felice Laudadio su http://www.sololibri.net
Napoli del ’700 età di lumi e di sangue a fiumi.
“Anima e sangue. Lo specchio e l’ombra”(Imprimatur, 2015), un giallo storico di straordinaria ricchezza, pieno di tanti spunti, ricco di azione, di suggestioni ambientali, culturali, psicologiche e, quando dispensa dettagli macabri, lo fa con tanta naturalezza da ridurre l’impatto. Entra nelle cantine buie, nei bassifondi oscuri e negli angoli sinistri di una Napoli sordida e lazzara nel 1737. Un romanzo da leggere assolutamente e letteralmente partorito dalla creatività di Pina Varriale, scrittrice, pittrice, speaker radiofonica, una napoletana versatile e imprevedibile, come quel suo personaggio tanto congeniale alla città segreta e senza tempo che tuttora si può scoprire perfino dietro quella disturbata di oggi. Una Napoli colta, antica, occulta, indecifrabile, carica di anni, ma tutt’altro che guappa, guitta, marchettara e bidonista. Una Napoli capitale europea che fu.
Quel personaggio è Raimondo di Sangro (1710-1771), settimo principe di Sansevero, scienziato, inventore, alchimista, esoterista, uomo dei lumi. Per il popolino, sosteneva Benedetto Croce, era l’incarnazione partenopea del dottor Faust, aveva fatto un patto col diavolo, per padroneggiare le forze segrete della natura. Indagato dalla letteratura scientifica e caro a quella esoterica, qui è il motore di un thriller che non si ferma un attimo, elegante e per niente barocco, nonostante l’epoca dell’eccesso artistico in cui si muove. Età anche di fermenti intellettuali, in contrasto con l’indolente tirare a campare di una corte ingessata di parrucconi, mentre il giovane re pensa solo alla caccia e a costruire un grande teatro. Per il resto, che altri si occupino della gestione pubblica. E sia quel che sia.
Con la sua vivacità, la Napoli dei liberi muratori e degli illuministi convive con quella ammuffita delle congiure di Palazzo. Sansevero e le sue invenzioni contro le trame del tutore di Carlo di Borbone, il potente conte di Santo Stefano.
Non si pensi a una storia pesante. La lettura è scorrevole e resta leggera anche quando deve proporre contesti sanguinari, addirittura grandguignoleschi. Uno dopo l’altro, non risparmia scannamenti, morti ammazzati, autopsie, esperimenti sui cadaveri, aborti procurati e spontanei, luridi intrugli di fattucchiere, violenze sessuali e omosessuali, l’evirazione di un ragazzino futuro cantore, venduto dalla madre per miseria e un corpo femminile vetrificato dal bagno in una mistura di acidi e sale alchemico.
Tutto ruota intorno a Raimondo: la testa grossa su un corpo piccolo da ragazzo mal cresciuto, segno di un’infanzia difficile. È sposo senza amore di una cugina, Carlotta, la Fiamminga, matrimonio combinato, per conservare i patrimoni. Un rapporto freddo, anche se gli sta dando un figlio.
Sansevero riserva la passione ad piccola mantenuta, Rosella, seni acerbi e ventre piatto da bambina, ma carica di fuoco e sensualità. Con lei diventa un diavolo, come quelli che secondo i servi tiene imprigionati nei sotterranei, con le anime dei dannati, per servirsene negli esperimenti. Le sue invenzioni sono inquietanti, hanno qualcosa di demoniaco, dicono. Invece non è stregoneria, ma scienza, spinta ai confini della vita e della morte, alla ricerca del segreto dell’immortalità, lo stesso che insegue Giuseppe, medico anatomista che collabora con lui. Gli è toccato fuggire da Palermo, dove studiava sui corpi per riportare in vita la donna amata. Lo volevano sulla forca perché faceva a pezzi i cadaveri.
Di quelli a Napoli non ne mancano, anzi qualcuno ne sta aggiungendo un bel po’, uccidendo nobili legati al precedente governo. Tutte morti violente e diverse, con la costante di una corda con tre nodi fatta trovare al polso delle vittime. Santo Stefano fa calare il silenzio sugli omicidi e incarica una donna di condurre indagini discrete. Chiara Minutolo è l’unica erede di una famiglia nobile, ha un talento innato nel risolvere gli enigmi, è colta e studiosa, segretamente attratta dal libero pensiero illuminista.
Chi conosce Raimondo di Sangro e la chiesa sconsacrata della Pietatella dove ha raccolto opere d’arte eccezionali e reperti unici, non resterà deluso dalla cripta sotto la Cappella Sansevero. In due teche sono conservate le macchine anatomiche: lo scheletro di un uomo e di una donna, in posizione eretta, con intorno alle ossa l’intero e integro sistema circolatorio evidenziato: arterie e vasi sanguigni.
Pina Varriale avanza un’ipotesi estrema delle origini dei due strepitosi e un po’ macabri resti.
E a pensar male... spesso si azzecca.
Napoli del ’700 età di lumi e di sangue a fiumi.
“Anima e sangue. Lo specchio e l’ombra”(Imprimatur, 2015), un giallo storico di straordinaria ricchezza, pieno di tanti spunti, ricco di azione, di suggestioni ambientali, culturali, psicologiche e, quando dispensa dettagli macabri, lo fa con tanta naturalezza da ridurre l’impatto. Entra nelle cantine buie, nei bassifondi oscuri e negli angoli sinistri di una Napoli sordida e lazzara nel 1737. Un romanzo da leggere assolutamente e letteralmente partorito dalla creatività di Pina Varriale, scrittrice, pittrice, speaker radiofonica, una napoletana versatile e imprevedibile, come quel suo personaggio tanto congeniale alla città segreta e senza tempo che tuttora si può scoprire perfino dietro quella disturbata di oggi. Una Napoli colta, antica, occulta, indecifrabile, carica di anni, ma tutt’altro che guappa, guitta, marchettara e bidonista. Una Napoli capitale europea che fu.
Quel personaggio è Raimondo di Sangro (1710-1771), settimo principe di Sansevero, scienziato, inventore, alchimista, esoterista, uomo dei lumi. Per il popolino, sosteneva Benedetto Croce, era l’incarnazione partenopea del dottor Faust, aveva fatto un patto col diavolo, per padroneggiare le forze segrete della natura. Indagato dalla letteratura scientifica e caro a quella esoterica, qui è il motore di un thriller che non si ferma un attimo, elegante e per niente barocco, nonostante l’epoca dell’eccesso artistico in cui si muove. Età anche di fermenti intellettuali, in contrasto con l’indolente tirare a campare di una corte ingessata di parrucconi, mentre il giovane re pensa solo alla caccia e a costruire un grande teatro. Per il resto, che altri si occupino della gestione pubblica. E sia quel che sia.
Con la sua vivacità, la Napoli dei liberi muratori e degli illuministi convive con quella ammuffita delle congiure di Palazzo. Sansevero e le sue invenzioni contro le trame del tutore di Carlo di Borbone, il potente conte di Santo Stefano.
Non si pensi a una storia pesante. La lettura è scorrevole e resta leggera anche quando deve proporre contesti sanguinari, addirittura grandguignoleschi. Uno dopo l’altro, non risparmia scannamenti, morti ammazzati, autopsie, esperimenti sui cadaveri, aborti procurati e spontanei, luridi intrugli di fattucchiere, violenze sessuali e omosessuali, l’evirazione di un ragazzino futuro cantore, venduto dalla madre per miseria e un corpo femminile vetrificato dal bagno in una mistura di acidi e sale alchemico.
Tutto ruota intorno a Raimondo: la testa grossa su un corpo piccolo da ragazzo mal cresciuto, segno di un’infanzia difficile. È sposo senza amore di una cugina, Carlotta, la Fiamminga, matrimonio combinato, per conservare i patrimoni. Un rapporto freddo, anche se gli sta dando un figlio.
Sansevero riserva la passione ad piccola mantenuta, Rosella, seni acerbi e ventre piatto da bambina, ma carica di fuoco e sensualità. Con lei diventa un diavolo, come quelli che secondo i servi tiene imprigionati nei sotterranei, con le anime dei dannati, per servirsene negli esperimenti. Le sue invenzioni sono inquietanti, hanno qualcosa di demoniaco, dicono. Invece non è stregoneria, ma scienza, spinta ai confini della vita e della morte, alla ricerca del segreto dell’immortalità, lo stesso che insegue Giuseppe, medico anatomista che collabora con lui. Gli è toccato fuggire da Palermo, dove studiava sui corpi per riportare in vita la donna amata. Lo volevano sulla forca perché faceva a pezzi i cadaveri.
Di quelli a Napoli non ne mancano, anzi qualcuno ne sta aggiungendo un bel po’, uccidendo nobili legati al precedente governo. Tutte morti violente e diverse, con la costante di una corda con tre nodi fatta trovare al polso delle vittime. Santo Stefano fa calare il silenzio sugli omicidi e incarica una donna di condurre indagini discrete. Chiara Minutolo è l’unica erede di una famiglia nobile, ha un talento innato nel risolvere gli enigmi, è colta e studiosa, segretamente attratta dal libero pensiero illuminista.
Chi conosce Raimondo di Sangro e la chiesa sconsacrata della Pietatella dove ha raccolto opere d’arte eccezionali e reperti unici, non resterà deluso dalla cripta sotto la Cappella Sansevero. In due teche sono conservate le macchine anatomiche: lo scheletro di un uomo e di una donna, in posizione eretta, con intorno alle ossa l’intero e integro sistema circolatorio evidenziato: arterie e vasi sanguigni.
Pina Varriale avanza un’ipotesi estrema delle origini dei due strepitosi e un po’ macabri resti.
E a pensar male... spesso si azzecca.
Link, notizie utili e approfondimenti:
Chi era Raimondo di Sangro, principe di Sansevero.
"Raimondo nasce il 30 gennaio 1710 a Torremaggiore, in provincia di Foggia, da Antonio di Sangro e da Cecilia Gaetani d’Aragona, famiglie di antichissimo lignaggio. Sia i Sansevero che i Gaetani vantavano ascendenze al medio evo, un’eredità che li poneva in una posizione di autonomia rispetto alle varie dominazioni succedutesi a Napoli. La personalità di Raimondo fu influenzata dalle vicende dei genitori. La madre Carlotta era morta quando il Principe aveva un anno; era figlia di Aurora Sanseverino e Nicola Gaetani, intellettuali, mecenati di filosofi e di artisti come Vico e Solimena, fautori dello sviluppo di un pensiero rinnovatore che i primi del 1700 poteva apparire rivoluzionario. (…)La figura del nonno paterno ha un ruolo fondamentale nella formazione di Raimondo, poiché è alle sue cure, cui era stato affidato da piccolissimo, che si deve lo sviluppo intellettuale del Principe e il suo amore per la ricerca. Raimondo era stato mandato a Roma a studiare presso i Gesuiti dove era entrato in contatto con una cultura orientata sia in senso umanistico che scientifico. Per entrambe le branche del sapere Raimondo aveva manifestato interesse ed inclinazione.
(…)Nel 1729 si manifestò la vivacità dello spirito di Raimondo: presso il Collegio dei gesuiti si voleva organizzare un festeggiamento le rappresentazioni in programma. Occorreva un palco mobile adatto per il teatro ma smontabile per far posto alle giostre. Gli ingegneri avevano proposto soluzioni piuttosto complesse che prevedevano l’intervento di numerosi uomini di fatica.
Il diciottenne Sansevero presentò un progetto che si rivelò il più funzionale di tutti: «con argani, ruote e corde, tutto nascosto alla vista degli spettatori, senza neppure apparirvi uomo che le tirasse, si vide subitamente ritirare il gran palco; quando dovettesi dar luogo per la Cavalleria, e quindi, sollevandosi nel mezzo, e restringendosi l’una metà e l’altra nel terreno, pendenti a forma di libro, rimase in pochi istanti tutto ristretto e ridotto nel picciol spazio di tre soli palmi..».
(…)La «meraviglia» che quel «portento» aveva destato nei presenti, ci introduce in quell’atmosfera di «magia», ricercata dal principe stesso, che finirà per accompagnare il suo personaggio, ingigantita e deformata dalla supertizione del popolo: un’aura alimentata da un lato dall’orgogliosa certezza della propria superiorità e dall’altro amplificata dalla mediocrità di interlocutori capaci di scambiare per portenti le sue conoscenze e le sue realizzazioni nel campo della scienza e della tecnica." (da: http://www.zen-it)
Le invenzioni
"Tra le invenzioni del Principe, ne troviamo tantissime e di diverso tipo. Da opere di ingegneria, come una carrozza marina, all' alchimia con la trasformazione di pietre in gemme.Da orologi che calcolano le fasi lunari, a medicine, gemme artificiali, desalinatori etc. etc.
Ecco la lista delle invenzioni a lui attribuite, visitabile sul sito ufficiale del Museo Cappella di Sansevero: l'archibugio, la carrozza marittima, la cera e la seta vegetali, farmaci, gemme artificiali, invenzioni pirotecniche, lume eterno, orologi, macchina idraulica, stampa a colori" (da: http://www.dichesegnosei.it)
Un personaggio affascinante e controverso il nostro Raimondo di Sangro, un uomo che amava investigare l'ignoto, comprendere le leggi della natura e dell'universo e, stando alla tradizione, affascinato dai misteriosi Rosacroce di cui sarebbe stato discepolo. Ma chi sono i Rosacroce? Ed è vero ciò che sostengono molti autori e cioè che, in realtà, questa setta è tanto misteriosa e inafferrabile perché, di fatto, non è mai esistita?
"
Fra il 1614 e il 1616 tre “manifesti” – la Fama Fraternitatis, la Confessio e le Nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz – sono messi in circolazione in Europa, e acquistano in breve tempo enorme risonanza. Parlano di un misterioso adepto, Christian Rosenkreutz, che avrebbe conseguito le più alte iniziazioni e avrebbe lasciato nel suo sepolcro – nascosto nella Foresta Nera – tutto quanto i saggi antichi avevano saputo in tema di alchimia, sapienza esoterica e occultismo. Personaggi tutt’altro che secondari si mettono alla ricerca della misteriosa Fraternità nella speranza di esservi ammessi, fra cui René Descartes (1596-1650), che sarà sospettato perfino (forse a torto) di avere latinizzato il suo nome in Renatus Cartesius per dare un segnale esoterico con le sue nuove iniziali, R e C come Rosa-Croce, agli elusivi fratelli.
Nessuno trova i Rosacroce, per la buona ragione che non esistono. I manifesti sono un’opera letteraria, creata – con altri – da un pastore luterano del Württemberg, Johann Valentin Andreae (1586-1654), interessato a presentare, sotto il velame esoterico, un ambizioso progetto di riforma politico-religiosa. L’Europa elisabettiana e protestante, come ha mostrato la storica inglese Frances Yates (1899-1981), ne farà una bandiera per una coalizione di tutte le forze “illuminate” d’Europa contro la Chiesa cattolica della Controriforma e gli Asburgo. Dopo qualche anno, naturalmente, i Rosacroce esistono davvero: la finzione diventa realtà, perché coloro che erano partiti alla ricerca della Fraternità si organizzano in circoli e conventicole, influenzano la trasformazione della massoneria da corporazione operativa in società speculativa, creano una cultura di notevole influenza sulla costruzione di un’Europa moderna insieme pre-illuminista e “illuminata” nel senso esoterico del termine.
Tra la fine del Seicento e il Settecento sistemi iniziatici a gradi “rosacrociani” fioriscono in collegamento con gli “alti gradi” massonici. Il sistema più importante sembra essere stato quello della Rosa-Croce d’Oro in Germania, i cui riti, gradi e dottrine sono passati in numerose organizzazioni iniziatiche moderne. I gradi “rosacrociani” appartengono – più propriamente – alla storia della massoneria, ma in ambiente massonico nascono anche ordini rosacrociani separati, che – per il loro interesse più diretto per tematiche esoteriche (e in qualche caso religiose) – saranno trattati qui in modo specifico. Il più antico ordine rosacrociano è la Societas Rosicruciana in Anglia, fondata tra il 1865 e il 1866 a Londra da Robert Wentworth Little (1840-1878), funzionario della Gran Loggia d’Inghilterra.
In Francia, ordini rosacrociani esistevano a Tolosa fin dai primi decenni dell’Ottocento intorno al visconte Louis-Charles-Edouard de Lapasse (1792-1867), ma la maggiore organizzazione moderna, l’Ordine Cabalistico della Rosa-Croce, nasce nel 1887 a Parigi con Stanislas de Guaita (1861-1897), Gérard Encausse, detto “Papus” (1865-1916), e Joséphin Péladan (1858-1918). Quest’ultimo – cattolico, anche se in modo eterodosso – si separa nel 1890 dall’Ordine Cabalistico (la stampa parla di “guerra delle due rose”) dando vita all’Ordine della Rosa-Croce Cattolica del Tempio e del Graal, che avrà una notevole influenza su alcuni ambienti letterari. Peraltro, le diverse branche rivali di questa prima generazione rosacrociana parteciperanno insieme nel 1934 alla fondazione della FUDOSI (Federazione Universale degli Ordini e Società Iniziatiche), che continuerà a esistere fino al 1951.
(continua a leggere su: http://www.cesnur.org )
E' possibile che il principe di Sansevero non fosse a conoscenza della verità circa i Rosacroce? Sono in molti a ritenere la cosa assai improbabile ma c'è di vero che Raimondo di Sangro ha alimentato in tutti i modi il mistero sulle sue conoscenze esoteriche. Amava stupire, non dimentichiamolo. Resta di fatto la sua adesione alla massoneria che, se da un lato lo porterà a scrivere una delle pagine più brutte della sua vita, dall'altro darà luogo a un capolavoro indiscusso: la Cappella Sansevero, tempio di arte e di bellezza, ma soprattutto, un testamento spirituale scritto utilizzando i simboli propri degli iniziati.
La cappella Sansevero come appare agli occhi dei visitatori:
Il significato "nascosto" della Cappella Sansevero:
Lo straordinario principe Raimondo di Sangro e l'alchimia della cappella di San Severo - di Stefano Brugnoli
Nella Napoli settecentesca Raimondo di Sangro abitava il Palazzo Sangro, tutt’oggi esistente al civico 9 di Piazza San Domenico Maggiore. Nelle immediate vicinanze, al nr. 19 di via Fancesco de Sanctis, sorge la famosa cappella Sansevero, chiamata anche Santa Maria della Pietà dei Sangro o Pietatella.
La cappella venne fondata come sacello sepolcrale della famiglia da Giovanni Francesco Sangro (1590) poi rinnovata dal figlio Alessandro (1610) ed infine decorata da Raimondo. La cappella era unita al palazzo da un cavalcavia che crollò agli inizi del 1900.
La Cappella Sansevero si presenta come un complesso libro di sapere ermetico nascosto abilmente nei complessi scultorei. Man mano che dall’ingresso si procede dall’ingresso verso l’altare maggiore avremo l’Ovest come punto ideale, di fronte l’Est a destra il Nord ed a sinistra il Sud.(...) La donna della Sincerità ha il caduceo (alchimisticamente, il solvente dei Saggi) mentre con la sinistra sorregge un cuore. E’ qui evidente il primo grado dell’iniziazione dove il neofita deve sottoporsi ad una rigida introspezione (la statua corrisponde all’elemento Terra)
La Soavità riflette la seconda prova in quanto ha un elmo in testa indice di regalità ed un giogo in mano indice del dominio dell’alchimista sulla materia dopo aver trovato l’oro (la statua corrisponde all’elemento Aria)
La statua dello Zelo della Religione corrisponde alla terza prova dove l’iniziando si rischiara alla luce di una torcia dimenticando le nozioni non conformi al libero pensatore (la statua corrisponde all’elemento Acqua)
Il Dominio simboleggia la quarta prova dove un guerriero tiene incatenato ai suoi piedi un leone ed Amore tiene una fiaccola rovesciata. E’ il trionfo dell’intelletto sulla forza bruta e sulle bramosie (la statua corrisponde all’elemento Fuoco).
Il Sapere Iniziatico è condensato nella statua della Pudicizia che rappresenta la sapienza che l’iniziando deve svelare per impadronirsene.
Nella statua del Disinganno, che rappresenta un uomo che si libera dalle maglie di una rete, è allegoricamente rappresentato l’Apprendista appena dopo essere stato iniziato ai misteri. Nel bassorilievo sottostante, raffigurante Cristo che dona la vista ad un cieco, è chiara l’allusione al dono della luce e della verità.
La statua del Cristo velato richiama l’attenzione alla figura del Maestro, quando adagiato sul letto di morte, viene simbolicamente ricoperto da un velo.
E’ possibile ritrovare attinenze anche con le carte dei tarocchi:
La statua della Liberalità con la Lama 17 “le stelle”
L’Educazione con la Lama 8 “la gisustizia”
La Sincerità con l’Arcano 3 “l’imperatrice”
La Soavità con la Lamina 4 “l’Imperatore”
Lo Zelo della religione con l’Arcano 9 “l’Eremita”
Nel Dominio di sé stessi con l’Arcano 11 “la forza”
La Pudicizia con la Lamina 2 “la papessa”
E tantissime altre rispondenze
Nella Cappella di San Severo sono conservate 3 particolarissime e quantomeno uniche statue, eseguite su volere di Raimondo di Sangro, la cui realizzazione è così fenomenale da presupporre che, oltre alla mano dell'artista, vi sia stato anche qualche ignoto intervento alchemico. (da: http://www.luoghimisteriosi.it)
Le tre statue particolarissime di cui si parla nell'articolo precedente sono il Cristo Velato, il Disinganno e la statua della Pudicizia. Sono fiorite molte leggende circa i celeberrimi "veli di marmo", nessuna però fornisce la chiave per comprendere il mistero. E' certo che nei veli come in tantissimi particolari della Cappella è presente, inequivocabilmente, un intervento alchemico ad opera del principe.
I suoi "veli di marmo" e le "macchine anatomiche" hanno alimentato nei secoli la leggenda del "principe maledetto":
Lo straordinario principe Raimondo di Sangro e l'alchimia della cappella di San Severo - di Stefano Brugnoli
Nella Napoli settecentesca Raimondo di Sangro abitava il Palazzo Sangro, tutt’oggi esistente al civico 9 di Piazza San Domenico Maggiore. Nelle immediate vicinanze, al nr. 19 di via Fancesco de Sanctis, sorge la famosa cappella Sansevero, chiamata anche Santa Maria della Pietà dei Sangro o Pietatella.
La cappella venne fondata come sacello sepolcrale della famiglia da Giovanni Francesco Sangro (1590) poi rinnovata dal figlio Alessandro (1610) ed infine decorata da Raimondo. La cappella era unita al palazzo da un cavalcavia che crollò agli inizi del 1900.
La Cappella Sansevero si presenta come un complesso libro di sapere ermetico nascosto abilmente nei complessi scultorei. Man mano che dall’ingresso si procede dall’ingresso verso l’altare maggiore avremo l’Ovest come punto ideale, di fronte l’Est a destra il Nord ed a sinistra il Sud.(...) La donna della Sincerità ha il caduceo (alchimisticamente, il solvente dei Saggi) mentre con la sinistra sorregge un cuore. E’ qui evidente il primo grado dell’iniziazione dove il neofita deve sottoporsi ad una rigida introspezione (la statua corrisponde all’elemento Terra)
La Soavità riflette la seconda prova in quanto ha un elmo in testa indice di regalità ed un giogo in mano indice del dominio dell’alchimista sulla materia dopo aver trovato l’oro (la statua corrisponde all’elemento Aria)
La statua dello Zelo della Religione corrisponde alla terza prova dove l’iniziando si rischiara alla luce di una torcia dimenticando le nozioni non conformi al libero pensatore (la statua corrisponde all’elemento Acqua)
Il Dominio simboleggia la quarta prova dove un guerriero tiene incatenato ai suoi piedi un leone ed Amore tiene una fiaccola rovesciata. E’ il trionfo dell’intelletto sulla forza bruta e sulle bramosie (la statua corrisponde all’elemento Fuoco).
Il Sapere Iniziatico è condensato nella statua della Pudicizia che rappresenta la sapienza che l’iniziando deve svelare per impadronirsene.
Nella statua del Disinganno, che rappresenta un uomo che si libera dalle maglie di una rete, è allegoricamente rappresentato l’Apprendista appena dopo essere stato iniziato ai misteri. Nel bassorilievo sottostante, raffigurante Cristo che dona la vista ad un cieco, è chiara l’allusione al dono della luce e della verità.
La statua del Cristo velato richiama l’attenzione alla figura del Maestro, quando adagiato sul letto di morte, viene simbolicamente ricoperto da un velo.
E’ possibile ritrovare attinenze anche con le carte dei tarocchi:
La statua della Liberalità con la Lama 17 “le stelle”
L’Educazione con la Lama 8 “la gisustizia”
La Sincerità con l’Arcano 3 “l’imperatrice”
La Soavità con la Lamina 4 “l’Imperatore”
Lo Zelo della religione con l’Arcano 9 “l’Eremita”
Nel Dominio di sé stessi con l’Arcano 11 “la forza”
La Pudicizia con la Lamina 2 “la papessa”
E tantissime altre rispondenze
Nella Cappella di San Severo sono conservate 3 particolarissime e quantomeno uniche statue, eseguite su volere di Raimondo di Sangro, la cui realizzazione è così fenomenale da presupporre che, oltre alla mano dell'artista, vi sia stato anche qualche ignoto intervento alchemico. (da: http://www.luoghimisteriosi.it)
Le tre statue particolarissime di cui si parla nell'articolo precedente sono il Cristo Velato, il Disinganno e la statua della Pudicizia. Sono fiorite molte leggende circa i celeberrimi "veli di marmo", nessuna però fornisce la chiave per comprendere il mistero. E' certo che nei veli come in tantissimi particolari della Cappella è presente, inequivocabilmente, un intervento alchemico ad opera del principe.
I suoi "veli di marmo" e le "macchine anatomiche" hanno alimentato nei secoli la leggenda del "principe maledetto":
La leggenda a proposito delle "macchine anatomiche" ottenute, secondo alcuni, attraverso l'iniezione di sostanze metallizzanti nei corpi di due persone, forse due servi, ancora vivi. Per la cronaca: ai tempi di Sansevero non era stata ancora inventata la siringa.
"il "processo di metallizzazione" venne portato a termine dal Principe, coadiuvato da un medico palermitano, tale Giuseppe Salerno.Il procedimento sarebbe consistito nell’introduzione in un’arteria dei cadaveri di un liquido metallizzante che, fluendo nei vasi, avrebbe permeato tutto il sistema circolatorio, rendendolo perfettamente visibile. Sconosciuta rimane però la tecnica di scarnificazione dei corpi. Perché, in pratica, dei due cadaveri è rimasta soltanto l’impalcatura scheletrica circondata dal fitto e intricato groviglio di vasi delle più svariate dimensioni: dalla enorme arteria aorta al più sottile dei capillari. Ad infittire il mistero ed alimentare le numerose leggende orride sul Principe Raimondo di Sangro e sui suoi esperimenti, esiste anche il pesante sospetto che l’esperimento non sia stato compiuto su cadaveri, bensì su corpi ancora vivi." (da: http://users.libero.it)
"il "processo di metallizzazione" venne portato a termine dal Principe, coadiuvato da un medico palermitano, tale Giuseppe Salerno.Il procedimento sarebbe consistito nell’introduzione in un’arteria dei cadaveri di un liquido metallizzante che, fluendo nei vasi, avrebbe permeato tutto il sistema circolatorio, rendendolo perfettamente visibile. Sconosciuta rimane però la tecnica di scarnificazione dei corpi. Perché, in pratica, dei due cadaveri è rimasta soltanto l’impalcatura scheletrica circondata dal fitto e intricato groviglio di vasi delle più svariate dimensioni: dalla enorme arteria aorta al più sottile dei capillari. Ad infittire il mistero ed alimentare le numerose leggende orride sul Principe Raimondo di Sangro e sui suoi esperimenti, esiste anche il pesante sospetto che l’esperimento non sia stato compiuto su cadaveri, bensì su corpi ancora vivi." (da: http://users.libero.it)
I colori "oloidrici" del principe: un altro mistero.
"La volta della Cappella è completamente affrescata con colori che ancora oggi appaiono estremamente vividi nonostante l'assenza di restauri (a parte un intervento pubblico di consolidamento della volta, eseguito tra il 1988 ed il '90, in seguito al suo indebolimento causato dal terremoto del 1980). Secondo alcuni scrittori, il Principe avrebbe utilizzato dei colori speciali di sua invenzione, detti "oloidrici", ideati apposta per restare eternamente vivaci. A corollario di questa ipotesi, si aggiunge il fatto che nel maggio del 1990 ignoti ladri trafugarono un dipinto ovale con l'effigie del Principe, posto tra due putti di gesso accanto all'altare. Nel luglio del 1991 l'opera venne recuperata, e si scoprì che era stata sottoposta ad un tentativo clandestino di restauro. Gli artigiani che vi si cimentarono, seppure abili, dovettero però arrendersi al segreto dei colori oloidrici che Raimondo di Sangro portò con sé nella tomba, insieme a molti altri." (da: http://www.angolohermes.com)
"La volta della Cappella è completamente affrescata con colori che ancora oggi appaiono estremamente vividi nonostante l'assenza di restauri (a parte un intervento pubblico di consolidamento della volta, eseguito tra il 1988 ed il '90, in seguito al suo indebolimento causato dal terremoto del 1980). Secondo alcuni scrittori, il Principe avrebbe utilizzato dei colori speciali di sua invenzione, detti "oloidrici", ideati apposta per restare eternamente vivaci. A corollario di questa ipotesi, si aggiunge il fatto che nel maggio del 1990 ignoti ladri trafugarono un dipinto ovale con l'effigie del Principe, posto tra due putti di gesso accanto all'altare. Nel luglio del 1991 l'opera venne recuperata, e si scoprì che era stata sottoposta ad un tentativo clandestino di restauro. Gli artigiani che vi si cimentarono, seppure abili, dovettero però arrendersi al segreto dei colori oloidrici che Raimondo di Sangro portò con sé nella tomba, insieme a molti altri." (da: http://www.angolohermes.com)
I sei "medaglioni" dei cardinali della famiglia di Sangro: